The longest time

Fonte: Youtube


“The Longest Time”

Woah, oh, oh, oh
For the longest time
Woah, oh, oh
For the longest

If you said goodbye to me tonight
There would still be music left to write
What else could I do
I’m so inspired by you
That hasn’t happened for the longest time

Once I thought my innocence was gone
Now I know that happiness goes on
That’s where you found me
When you put your arms around me
I haven’t been there for the longest time

Woah, oh, oh, oh
For the longest time
Woah, oh, oh
For the longest

I’m that voice you’re hearing in the hall
And the greatest miracle of all
Is how I need you
And how you needed me too
That hasn’t happened for the longest time

Maybe this won’t last very long
But you feel so right
And I could be wrong
Maybe I’ve been hoping too hard
But I’ve gone this far
And it’s more than I hoped for

Who knows how much further we’ll go on
Maybe I’ll be sorry when you’re gone
I’ll take my chances
I forgot how nice romance is
I haven’t been there for the longest time

I had second thoughts at the start
I said to myself
Hold on to your heart
Now I know the woman that you are
You’re wonderful so far
And it’s more than I hoped for

I don’t care what consequence it brings
I have been a fool for lesser things
I want you so bad
I think you ought to know
That I intend to hold you for the longest time

Woah, oh, oh, oh
For the longest time
Woah, oh, oh
For the longest time
Woah, oh, oh
For the longest time
Woah, oh, oh
For the longest time
Woah, oh, oh
For the longest time…

– Billy Joel –

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Biografie in musica – Odysseus

Fra i personaggi – veri o fittizi – di cui Francesco Guccini ha cantato la vita c’è anche Ulisse, il leggendario personaggio nato dall’immaginazione di Omero. Attraverso i suoi versi, questa canzone ci restituisce il ritratto di un uomo dalla personalità complessa che, nel suo avventuroso viaggio attraverso mondi sconosciuti, ricorda l’inquietudine esistenziale che ognuno di noi, prima o poi, sente dentro di sè.


Fonte: Youtube

“Odysseus”

Bisogna che lo affermi fortemente
che, certo, non appartenevo al mare
anche se Dei d’Olimpo e umana gente
mi sospinsero un giorno a navigare
e se guardavo l’isola petrosa
ulivi e armenti sopra a ogni collina
c’era il mio cuore al sommo d’ogni cosa
c’era l’anima mia che è contadina;
un’isola d’aratro e di frumento
senza le vele, senza pescatori,
il sudore e la terra erano argento
il vino e l’olio erano i miei ori.

Ma se tu guardi un monte che hai di faccia
senti che ti sospinge a un altro monte,
un’isola col mare che l’abbraccia
ti chiama a un’altra isola di fronte
e diedi un volto a quelle mie chimere
le navi costruii di forma ardita,
concave navi dalle vele nere
e nel mare cambiò quella mia vita
e il mare trascurato mi travolse:
seppi che il mio futuro era nel mare
con un dubbio però che non si sciolse
senza futuro era il mio navigare

Ma nel futuro trame di passato
si uniscono a brandelli di presente,
ti esalta l’acqua e il gusto del salato
brucia la mente
e ad ogni viaggio reinventarsi un mito
a ogni incontro ridisegnare il mondo
e perdersi nel gusto del proibito
sempre più in fondo

E andare in giorni bianchi come arsura,
soffio di vento e forza delle braccia,
mano al timone e sguardo nella pura
schiuma che lascia effimera una traccia;
andare nella notte che ti avvolge
scrutando delle stelle il tremolare
in alto l’Orsa è un segno che ti volge
diritta verso il Nord della Polare.
E andare come spinto dal destino
verso una guerra, verso l’avventura
e tornare contro ogni vaticino
contro gli Dei e contro la paura.

E andare verso isole incantate,
verso altri amori, verso forze arcane,
compagni persi e navi naufragati;
per mesi, anni, o soltanto settimane?
La memoria confonde e dà l’oblio,
chi era Nausicaa, e dove le sirene?
Circe e Calypso perse nel brusio
di voci che non so legare assieme.
Mi sfuggono il timone, vela, remo,
la frattura fra inizio ed il finire,
l’urlo dell’accecato Polifemo
ed il mio navigare per fuggire.

E fuggendo si muore e la mia morte
sento vicina quando tutto tace
sul mare, e maledico la mia sorte
non trovo pace.
forse perché sono rimasto solo
ma allora non tremava la mia mano
e i remi mutai in ali al folle volo
oltre l’umano.

La vita del mare segna false rotte,
ingannevole in mare ogni tracciato,
solo leggende perse nella notte
perenne di chi un giorno mi ha cantato
donandomi però un’eterna vita
racchiusa in versi, in ritmi, in una rima,
dandomi ancora la gioia infinita
di entrare in porti
sconosciuti prima.

– Francesco Guccini –